approfondimenti sul tema/1
Il tema dell’edizione 2012 di Fotografia Europea è Vita comune, immagini per la cittadinanza. Comunità, partecipazione, città, luoghi reali e spazi simbolici, scontro fra individuo e collettività, condivisione o esclusione di diritti civili e politici e nuove possibili forme di partecipazione democratica sono alcuni fra elementi che cercano di restituire la complessità dell’argomento. Abbiamo posto al Professore Riccardo Panattoni, docente di Filosofia all’Università di Verona, quattro domande sul tema, così da avere nuovi spunti di riflessione. Pubblichiamo qui la prima delle risposte alle nostre domande; nei prossimi post continueremo il dialogo.
Nel concept della nuova edizione di Fotografia Europea si chiarisce fin dall’inizio come il concetto di “comunità” non riguardi solo l’appartenenza o meno a una determinata identità ma indica prima di tutto ciò che è comune, ciò che è di tutti. Quali sono questi aspetti della “vita comune” a cui si fa riferimento e che possono essere indagati attraverso la fotografia?
Tendiamo a pensare abitualmente al concetto di comunità come a ciò che denota un insieme di individui che si riconoscono attraverso l’appartenenza a un principio identitario, contrapponiamo di solito a questo concetto quello di società, che indicherebbe invece la struttura destinata a tenere in relazione tra di loro i singoli soggetti che la compongono. Perdiamo così di vista come la parola “comunità” detenga invece in sé proprio ciò che dovrebbe mettere in crisi il concetto stesso di appartenenza, in quanto apre appunto a una “vita comune”, a una situazione che è qualcosa di più di un semplice stare insieme, potremmo dire che è ciò che definisce la “parte esposta”, “condivisa”, di ogni singola soggettività. Si tratta di un “aspetto” singolare e al tempo stesso plurale che appartiene a ognuno di noi e che tende a essere misconosciuto in nome della creazione di una propria identità a cui attenersi. Riportare sulla scena questo “aspetto” e farlo agire credo sia un punto essenziale per incidere e trasformare il nostro modo di vivere lo spazio politico di una città, per dare un criterio fattivo alle pratiche di cittadinanza oltre al necessario riconoscimento dei diritti dovuti.
All’interno di questo contesto credo che lo sguardo svolga una funzione essenziale, perché in fondo il nostro sguardo è già parte del mondo che viviamo, a suo modo è in anticipo rispetto alle strutture logiche che tendono invece, di questo mondo, a darci una rappresentazione. La fotografia, da parte sua, è in grado di restituirci proprio questo momento di anticipazione, perché non ci chiede soltanto un modo di guardare per immagini la realtà di cui siamo parte, ma sono le fotografie stesse a essere già il riflesso di quello che hanno visto. Esse infatti hanno un loro sguardo, un loro modo di guardarci: sono dei cristalli di tempo che ci fissano dalla propria immagine. È precisamente questo loro modo di guardarci che dobbiamo provare a incontrare con il nostro sguardo, forse solo così, da questo incontro, può nascere un nuovo modo di guardare la realtà.
Rispetto a questa nuova edizione di Fotografia Europea non si tratta quindi solo di indicare concettualmente diversi aspetti di vita comune, di ritrarli attraverso la fotografia, quanto di evidenziare questo lato comune dello sguardo, declinato però attraverso l’unicità sorprendente che solo quel singolo occhio è in grado di renderci evidente. Niente infatti come lo sguardo è in grado di tenere insieme questo essere singolare e plurale che la “vita comune” comporta e la fotografia è esattamente l’impronta capace di restituirci la trasparenza visiva di questo ossimoro.
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