Joan Fontcuberta, Gastropoda
Il ciclo vitale delle immagini
Ogni volta che mi capita di rientrare a casa dopo alcuni giorni di assenza, trovo le lumache zigrino (Helix aspersa, della famiglia delle gastropoda) nella mia cassetta della posta intente a mangiare gli inviti delle gallerie e dei musei che ricevo. Ho pensato che le immagini, come tutti gli organismi viventi, nascono, si sviluppano, fanno il loro corso per poi decadere e morire. E anche Gastropoda fa esattamente questo.
Trovo che Gastropoda abbia a che fare con la decomposizione iconica: il processo di irreversibile decadimento trasforma le immagini in eco di se stesse e ciò, di conseguenza, rivela l’estetica dell’orrore e della distruzione.
Il progetto tende anche ad enfatizzare il cambiamento dell’immagine da pura rappresentazione alla trasformazione in oggetto, la transizione da un’informazione visuale immateriale ad un oggetto fisico che contraddice l’idea che l’essenza di una immagine derivi dalla realtà: le immagini rappresentano dichiaratamente la realtà, ma esse sono anche parte tangibile di quella realtà e possono essere fotografate come “immagini-oggetto”.
Il progetto infine interroga la nozione di ‘paternità’. Gastropoda si inscrive nella tradizione della ‘fotografia fatta da un animale’: le lumache sono state complici del mio lavoro e quindi ne condividono la ‘paternità’. Le lumache sono state in effetti le vere autrici: io ho fatto poco di più che sfruttare le loro capacità. Differentemente da simili situazioni del passato, nelle quali l’artista sfruttava le capacità di un ‘complice umano’, le ‘co-autrici’ in questo caso sono lumache affamate totalmente indifferenti alle idee e significati che noi attribuiamo alla loro voracità e ai loro escrementi. Dopo tutto, tutto ciò che fanno è semplicemente distruggere le immagini completando il loro ciclo di vita.